Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.
(Eugenio Montale)
SI BENE MEMINI
monotipi di Emanuele Convento
Sono drammatiche scene sacre, ninfe e satiri che evocano un immaginario erotico, figure evanescenti di divinità pagane, solitari e assorti nudi femminili, i soggetti dei monotipi presentati da Emanuele Convento.
L’artista ha scelto di utilizzare una tecnica a stampa ottenuta da un disegno eseguito generalmente con inchiostro calcografico – ma si possono impiegare anche colori ad olio – su una lastra che viene poi trasferito direttamente sulla carta con l’ausilio di un torchio calcografico, oppure esercitando una pressione con le mani.
La stampa realizzata in questo modo è un esemplare unico.
Dopo aver steso uniformemente il colore sulla lastra Convento dà vita alle sue figure sottraendo, asportando, il colore dalla superficie della matrice stessa; grazie a questo procedimento sottrattivo crea paesaggi e figure che si manifestano attraverso una suggestiva luminescenza.
L’effetto è quello di una “pittura” scura rischiarata da rapide e intense illuminazioni, esiti che non si escludono l’uno con l’altro, ma si pongono tra loro in una relazione dialettica. Al nostro sguardo si presentano dunque paesaggi, corpi spettrali di figure che vivono nell’oscurità ma si rivelano nella luce. Figure animate da dinamici segni che lo stesso Convento definisce freschi come l’acqua di un torrente ma incarnati “nella memoria della storia”. Appellandosi alla memoria del passato, Convento reinterpreta e attualizza soggetti desunti dalla conoscenza della storia dell’Arte, li rivisita, li reinterpreta per offrirne una visione originale e contemporanea. Esplicitando una vera e propria passione per il manierismo, per la pittura drammatica e “furiosa” del Tintoretto e la pittura chiaroscurale del Seicento, Convento fa, ad esempio, emergere dalle tenebre la figura di un vecchio e patito Nettuno (desunto dal Sant’Andrea di Josè de Ribera conservato al Prado) per proporre una riflessione sulla inevitabile caducità del corpo che non risparmia neppure le “divinità”. Al sofferto decadimento fisico corrisponde una intensa e profonda spiritualità incarnata dalla figura scarna che “tende alla chiarità”.
Non mancano però visioni contemporanee come i suggestivi nudi femminili dove il corpo, plasmato dalla luce, evoca una classicità antica animata da una fisicità intima e attuale.
Tra le opere esposte vi sono anche alcuni monotipi a colori, ottenuti grazie all’impiego di due diverse lastre, che si avvicinano ancor di più ad effetti pittorici, cari all’artista.
I soggetti sono nudi e paesaggi montani caratterizzati da rocce impervie, spoglie vette che esaltano il loro aspetto plastico e materico.
Prof. Giovanni Bianchi (UNIPD), 2019
Emanuele Convento è un lento e paziente lavoratore, la sua ricerca non è caratterizzata da una superficialità decorativa ma da una profonda e intensa forza espressiva. La sua tavolozza, la sua scelta cromatica, non è leggera e vibrante, ma orientata soprattutto verso toni caldi e bruciati, con una particolare attenzione al chiaroscuro e alla forma plastica. Ad una semplificazione compositiva, ottenuta nel deciso contrapporre macchie scure e chiare, rese con una pennellata densa e corposa, rapida e sintetica, corrisponde la volontà di manifestare l’aspetto strutturale del suo linguaggio espressivo che trova eco nella tradizione pittorica veneta.
Come lo stesso artista ha dichiarato la sua intenzione è quella di “cogliere le strutture e lo scheletro delle cose”, con un senso di intima grandiosità.
Questo si può notare nelle opere di dimensioni ridotte che nell’impostazione compositiva e nella scelta dei soggetti, sacri e profani, rimandano alla pittura del passato riproposta con rinnovata energia vitale.
Al dramma universale della Crocifissione e alla inconsolabile disperazione della Deposizione si alternano allegorie del Tempo di ispirazione tiepolesca, dove vecchi barbuti con ali e inesorabili falci si librano nello spazio accanto a giovani donne. Nei grandi “teleri”, che mantengono la freschezza esecutiva e la spontaneità di un bozzetto,
Convento si ispira al mito di Venere e Adone, al vano tentativo della dea dell’amore di trattenere a sé il bellissimo amato per impedirgli di andare a cacciare e quindi incontro al suo tragico destino. Le figure sono definite dalle campiture di colore che divengono l’elemento vitale della forma e sottolineano i diversi momenti dell’opera che si compie e si rivela al nostro sguardo in uno spazio di luci, ombre e colori. A Convento non interessa offrire una precisa connotazione del soggetto ma, attraverso il colore, esprimere una suggestiva dimensione sensuale e plastica.
Accanto a questa espressione figurativa si sviluppa, parallela, una ricerca astratta, di matrice informale, sorta da un progressivo sfaldarsi delle forme. Una ricerca che al gesto istintivo, tradotto in segno dinamico, associa una particolare attenzione all’aspetto materico del colore che diviene vera e propria concrezione, coagulandosi ed emergendo dalla superficie. Nei monotipi Convento accentua il carattere drammatico delle sue visioni ottenute sottraendo, raschiando, il colore dalla matrice ottenendo così sfumati passaggi chiaroscurali, decisi contrasti tra ombre e luci che rischiarano i corpi spettrali di figure che vivono nell’oscurità.
L’artista, che vive ed opera nell’età contemporanea, avverte la necessità di guardare al passato riprendendo l’uso di alcune tecniche artistiche antiche come quello della tempera grassa. La sua opera è la conseguenza di una profonda conoscenza della tecnica e del mestiere della pittura: ogni tela è preparata meticolosamente nello studio, ogni colore è creato mescolando le terre con l’olio di lino, come legante è utilizzata la colla di coniglio, il fondo è gessoso. È una pittura che richiede una attenta preparazione e lunghi tempi di realizzazione. Questo comporta pause obbligate e momenti di riflessione. È in questi momenti che la conoscenza dell’artista si amplia e si approfondisce, tanto che ogni quadro risulta come un nuovo sapere acquisito.
L’impiego di una tecnica pittorica, o incisoria, mutuata dal passato non implica necessariamente l’utilizzo di uno “stile” antico, infatti la sua ricerca lo porta ad affrontare temi figurativi (che vanno dal sacro al profano), ma non gli impedisce di affrontare anche una strada orientata verso il non-figurativo, l’astratto con una particolare declinazione materica ed informale. La sua ricerca è una riflessione sul segno che dà vita a queste composizioni: un segno intimo, dinamico e fortemente espressivo. Un segno deciso che lo lega al passato, ma che tende verso il futuro e, rilevando forza e freschezza, permette all’artista di realizzare opere che vanno oltre gli stereotipi commerciali e testimoniano l’eterna vitalità della pittura.
Prof. Giovanni Bianchi 2015
La mia poetica ha come obiettivo la manifestazione del segno, che è la struttura portante dell’opera. Desidero infatti rappresentare lo scheletro del reale, una struttura formata da segni, spogliata di velleità e ritornata alla sua archè, cioè alla sua origine.
Emanuele Convento 2010
Le opere di Emanuele Convento si collocano all’interno di uno spazio atemporale della Storia dell’Arte. Il suo stile pittorico è costruito attraverso caratteri originalissimi e carichi di significato che affondano le loro radici nella Pittura del passato, non copiandola, però, o riferendosi palesemente ad essa, ma traendone l’essenza della stessa.
Dalle espressioni artistiche precedenti, Emanuele riesce a cogliere la carica emotiva, filtrandola attraverso la propria forte personalità. Nel suo percorso artistico forte rimane il legame con il passato anche per le tecniche artistiche e i procedimenti usati che seguono – con l’uso di colori naturali, la preparazione delle superfici pittoriche e la loro elaborazione – la tradizione della Pittura più alta con i metodi e insegnamenti nella gestione degli strumenti pittorici tramandati dai Grandi dell’Arte. Viene da pensare che Convento – abitando lungo la celebre Riviera del Brenta, fastoso prolungamento di Venezia in terraferma – attraverso l’acqua del fiume, si sia messo in contatto con i grandi Maestri che vissero ed operarono in quella, un tempo, magnifica metropoli crogiolo e catalizzatrice di Artisti. Entrando nel suo Atelier si respira un’aria d’altri tempi: dipinti in fieri, carte, tele, tavoli ingombri di boccette piene di polveri colorate.
Queste ultime non sono altro che terre e minerali polverizzati – già pregne, però, con le loro varie sfumature, di valore artistico – che contribuiranno a tramutare le idee dell’artista in qualcosa di fruibile da tutti quelli che incontreranno l’Arte di questo giovane pittore.
L’Arte di Emanuele Convento è espressione – come già ribadito – del suo animo, del suo sentire e vedere le cose che lo circondano unita ad una profonda conoscenza della storia dell’Arte e dei segreti di bottega di chi, come lui, scelse la pittura come mezzo di comunicazione e non solo di decorazione. La caratteristica, l’essenza espressiva di Emanuele è il segno che di volta in volta si fa liquido o nervoso sottolineato da colpi di luce e guizzi pittorici di colore che danno forma ai suoi sentimenti e alle sue emozioni legate al Mondo e alle persone da lui amati.
Prof. Piero Patrone 2008
Nei miei lavori desidero esprimere il concetto di “archè”, elemento primo. Quell’elemento primo che va dai Graffiti Rupestri, alle forme semplificate, ma efficaci dell’Antelami e Wiligelmo, sino all’arte primordiale di Afro. Il mio vuole essere un percorso che parte dal figurativo all’informale e dall’informale ad una percezione di una forma, in un modo circolare.
Quello che propongo è un lavoro sistematico sul segno che indaga sia sulla sedimentazione e l’usura della materia, sia su una pennellata rapida, ma sintetica, tipica della pittura veneta. Vuole essere un segno che si libera dalla forma senza però dimenticarla, un segno che vive come un suono libero. Vuole essere un segno fresco come l’acqua di un torrente, incarnato però nella memoria della storia.
Emanuele Convento 2008